TRATTAMENTO
DELL'HCV
CRONICO SOLO CON INTERFERONE
Fino a poco tempo fa, il trattamento di prima linea
dei pazienti con epatite cronica C ha previsto l’impiego di interferone
alfa-2a, alfa-2b o interferone alfacon-1, farmaci dotati di efficacia pressoché simile.
Degli interferoni alternativi all’interferone alfa, l’interferone beta, naturale e ricombinante, è stato usato
in Giappone, Spagna ed Italia in casistiche limitate.
I più promettenti interferoni alternativi appaiono, al momento, il Consensus
interferone e l’interferone peghilato.
In diversi studi, i risultati della monoterapia con interferone sono stati valutati in rapporto a criteri
intermedi e, in particolare, a normalizzazione delle transaminasi, assenza di
viremia e modificazioni istologiche del fegato.
Un trattamento di sei mesi con interferone alfa determina, di norma, una normalizzazione
dei livelli sierici di transaminasi nel 40-50% dei pazienti con epatite cronica C e una scomparsa
dell’HCV-RNA nel siero nel 30-40% dei soggetti trattati.
Tuttavia, nella maggioranza dei casi, questa risposta è transitoria: a sei mesi dalla fine del trattamento, una
normalizzazione dei livelli sierici di transaminasi permane nel 15-20% dei pazienti mentre una risposta
virologica sostenuta, cioè persistente a tempo indefinito, si mantiene nel 6-12% ed è
seguita, molto più lentamente, da normalizzazione o spiccato miglioramento
delle lesioni istologiche.
Molto meno frequente e di incerto beneficio clinico è la risposta favorevole
all’interferone alfa nella cirrosi compensata, mentre gli effetti sfavorevoli del farmaco escludono la
prospettiva di trattamento nella terza fase.
Un trattamento della durata di 12 mesi porta a risultati simili, con la differenza che dopo sei mesi
dal termine del trattamento la percentuale di pazienti con normalizzazione delle
transaminasi sale al 20-30% e quella priva di HCV-RNA arriva al 13-19%.
Fonte: Ansa (20/02/05).
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